ARTICOLO ATTIVO
02/11/2022
GOVERNO

LA CERTIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ DI RICERCA E SVILUPPO PER METTERE AL RIPARO GLI INVESTITORI: STATO DELL’ARTE E COSA CI SI AUSPICA

Il decreto Semplificazioni riconosce alle imprese beneficiarie del credito R&S la possibilità di richiedere una certificazione per validare l’attività: cosa manca nel processo e cosa si spera
Con la pubblicazione in GU del nuovo DL Semplificazioni fiscali, all’interno dell’articolo 23, comma 2, del Dl 73/2022 si è introdotto la possibilità di richiedere una certificazione che consente agli investitori di mettersi al riparo da contestazioni.
Le imprese potranno richiedere una certificazione che attesti la qualificazione delle attività di ricerca e sviluppo condotte alle imprese beneficiarie del credito R&S, a partire dal periodo d’imposta 2020.
La certificazione avrà l’obiettivo di attestare la qualificazione degli investimenti garantendone “l’applicazione in condizioni di certezza operativa” grazie al suo effetto vincolante nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e alla conseguente nullità degli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi da quanto attestato.
L’obiettivo è quindi di mettere al riparo gli investitori da contestazioni sull’ammissibilità del beneficio fiscale.

Il DPCM attuativo (in attesa dell’emanazione ufficiale) ha definito che la certificazione potrà riguardare attività presenti, passate e future: quindi si potranno certificare investimenti in corso, già effettuati ovvero da effettuare.
La certificazione dovrà contenere almeno i seguenti punti:
  • le informazioni sulle capacità organizzative e le competenze tecniche dell’impresa, per attestarne l’adeguatezza rispetto agli investimenti;
  • la descrizione dei progetti o sottoprogetti in corso o programmati;
  • le motivazioni tecniche sulla base delle quali viene attestata la sussistenza dei requisiti per accedere al credito d’imposta;
  • la dichiarazione del certificatore in cui assicura di non versare in situazioni di conflitto di interesse e comunque di non avere rapporti diretti o indiretti con l’impresa certificata;
  • ulteriori elementi descrittivi utili all’attività di vigilanza e controllo da parte del Mise e dell’Agenzia delle entrate.
Si attende l’emanazione del DPCM attuativo anche per definire i requisiti dei soggetti pubblici o privati abilitati al rilascio della certificazione, fra i quali quelli “idonei a garantire professionalità, onorabilità e imparzialità”.
L’operato dei certificatori dovrà essere soggetto ad attività di vigilanza secondo modalità definite dal DPCM e sarà obbligato a rispettare le linee guida del Mise. 

Il DPCM attuativo dovrà infine stabilire:
  • le modalità di vigilanza sulle attività esercitate dai certificatori;
  • le modalità e condizioni della richiesta della certificazione; 
  • i relativi oneri a carico dei richiedenti, parametrati ai costi della procedura. 
Nel frattempo, la modifica apportata all’interno del DL 73/2022, convertito in L. 122/2022 ha specificato che tra i soggetti abilitati al rilascio della certificazione sono compresi:
  • le Università statali;
  • le Università non statali legalmente riconosciute;
  • gli enti pubblici di ricerca.
Per la forte incertezza normativa dell’ambito applicativo della R&S e del conseguente beneficio agevolativo, ciò che ci si auspica è un ampliamento normativo per estendere l’ambito della certificazione anche alle attività di ricerca e sviluppo condotte da imprese a partire dal periodo di imposta 2015 fino a quello in corso al 31 dicembre 2019.
I motivi di questo allargamento auspicato sono diversi:
  • garantire la certezza e la correttezza degli investimenti in Ricerca e Sviluppo passati;
  • l’estremo tecnicismo che caratterizza la materia e che spesso rende difficile l'interpretazione dell’attività aziendale;
  • i ripetuti interventi ad opera dell’Agenzia delle Entrate e del Mise sul tema, spesso in contraddizione tra loro.