SPECIALE ATTIVO
01/03/2024
VARI

GIURISPRUDENZA SUL CREDITO R&S

Panoramica di sintesi sulle recenti pronunce di merito raggruppate in macro-argomenti in ambito R&S
SUL PREVENTIVO PARERE TECNICO DEL MISE

Secondo la recente e copiosa giurisprudenza di merito, gli atti di recupero avanzati dall’Amministrazione finanziaria per essere legittimi (e dunque essere accolti), devono fondarsi sul preventivo parere dell’allora Mise (oggi Mimit), in tutte quelle ipotesi in cui venga contestata la natura strettamente tecnico scientifica del progetto al vaglio della verifica fiscale.
L’accertamento sul progetto R&S, contestato sotto il profilo tecnico dall’Agenzia delle Entrate, non può dunque fondarsi esclusivamente su accertamenti di natura strettamente fiscale, altrimenti si verificherebbe un eccesso di potere da parte della stessa Agenzia, che - come osservano le Corti -  non ha per sua natura le competenze necessarie a valutare la complessità e la valenza tecnico scientifica del progetto stesso.
Si riportano di seguito le pronunce delle varie Commissioni di merito sul punto: CTP Aosta n. 46/2021, CTP Vicenza n. 365/2021 poi confermata in secondo grado dalla CGT Veneto del 04/07/2023, CTP Ancona n. 392/2021, CTP Napoli n. 4988/2022, CTP Vicenza n. 14/2022 e CTP Roma n. 5918/2022, CTP di La Spezia n. 225/2022, CGT Chieti n. 454/2022 e CGT Rimini n.99/2023. In motivazione i Giudici affermano in maniera esplicita che l’Agenzia delle Entrate per contestare nel merito la corretta fruizione del credito di imposta in ricerca e sviluppo deve necessariamente acquisire il preventivo parere tecnico del Ministero dello Sviluppo Economico (Mise). 
Dello stesso avviso risultano anche le ulteriori sentenze della CTP di Ancona n. 324 /2022, della CTP Bologna n. 977/2022 e della CTP di Bologna n. 549/2022, in cui vengono nuovamente ribaditi i ruoli tra AdE e Mise in caso di contestazioni sui crediti d’imposta R&S: l’Agenzia delle Entrate può verificare solo gli aspetti contabili e fiscali del credito d’imposta in ricerca e sviluppo, mentre i profili tecnici del progetto R&S devono essere oggetto di valutazione del Ministero dello Sviluppo Economico con relativo parere sul punto.
Sempre sull’obbligatorietà di richiedere il parere tecnico del Mise si ricordano la CTP di La Spezia n. 276/2022, sentenza che annulla l'avviso di accertamento dell’AdE per il mancato ricorso da parte dell'Agenzia al parere del Mise, ritenendo ancora una volta necessario procedere con il preventivo parere tecnico al fine di affrontare problematiche complesse sotto il profilo tecnico, e la recente CGT della Campania n. 6212/7/2023, che evidenzia quanto la facoltà da parte dell’Ufficio procedente, sul piano normativo, di esperire un preventivo parere del Mise, diventi, in concreto, una necessità imprescindibile in tutte quelle ipotesi in cui la contestazione da parte della stessa Amministrazione verta su valutazioni strettamente tecniche e particolarmente complicate.
Leggendo, quindi, la copiosa giurisprudenza sopra ricordata, sembra potersi affermare, pertanto, che l’orientamento maggioritario intende considerare come obbligatoria la preventiva richiesta di un parere tecnico al Mise in tutte quelle ipotesi in cui risulta prevalente la natura tecnica degli accertamenti rispetto agli aspetti strettamente amministrativi e contabili.
Di contro, si segnala però che la sentenza della CGT di secondo grado dell’Umbria n. 12/2024, chiamata a pronunciarsi in merito all'agevolazione del credito d'imposta fruita per investimenti in R&S, abbia di recente ribadito come, nel caso in specie, il credito (indebitamente) fruito sia da considerarsi come ''inesistente'', in quanto non è stato motivato da sufficiente documentazione che giustifichi che il progetto sia qualificabile come R&S, senza in ogni caso rilevare in alcun modo l'assenza del parere preventivo del Mise, il quale - come si legge in motivazione - è ''solo come mera facoltà dell'Agenzia delle Entrate e non certo come obbligatorio ed a pena di nullità dell'atto''.

SULLA QUALIFICAZIONE DELLE ATTIVITA’ R&S CON RIMANDO ESPLICITO AI MANUALI OCSE 

Sempre più chiaramente risulta che i Manuali OCSE di Frascati e Oslo forniscono una base comune internazionale per la definizione e la classificazione delle spese e delle attività di R&S e dell'Innovazione, ricoprendo così un ruolo cruciale nel processo di determinazione dell'ammissibilità al credito d'imposta R&S. Tuttavia, non essendo giuridicamente vincolanti in quanto non facenti parte del nostro ordinamento, il loro impiego come fonte interpretativa è stato, di sovente, al centro di contrasti tra l’Amministrazione finanziaria, il MISE ed i contribuenti. 
Di seguito una panoramica sulle diverse pronunce con rimando esplicito ai Manuali.
La CTP di Bologna n. 549/2022 riconosce, per la prima volta, l’opera tradotta in italiano del Manuale di Frascati 2015 autorizzata dall’OCSE e giurata ai sensi dell’art. 5 R.D. 9/10/1922 n. 1366, D.P.R. 396/2000, L.445/2000 in data 7 dicembre 2021, ricordando così, come ormai ufficiale e fruibile agevolmente, un ulteriore documento con valore “normativo” a cui necessariamente far riferimento per la corretta valutazione e qualificazione delle attività di R&S, permettendo al contribuente una corretta identificazione della fonte integrativa normativa che sta alla base dell’accertamento fiscale, prima impossibile a causa dell’inesistenza della traduzione in lingua italiana. 
La CTP di La Spezia n.276/2022 mette in evidenza come il Manuale di Frascati sia utilizzabile anche retroattivamente ai fini della qualificazione delle attività di R&S nonostante la mancata presenza di una traduzione ufficiale in lingua italiana fino al 7 dicembre 2021, in quanto la versione in inglese è comunque accettata nella normativa comunitaria e le stesse imprese lasciano intendere, a prescindere dalla lingua straniera, di conoscerne il contenuto tanto da citarlo spesso nelle relazioni tecniche dei progetti R&S svolti dalle stesse.
La CTP Aosta n. 46/2021 e la CTP di Modena n. 52/2/2022 considerano poi eleggibili al credito di imposta ricerca e sviluppo anche le spese sostenute per le attività di “innovazione di processo”, come definite dall’OCSE con il Manuale di Oslo, precisando, tra le tante, che ai fini dell’agevolazione non debba considerarsi “innovativa” esclusivamente un’attività che possegga i requisiti sostanziali richiesti dal Manuale di Frascati.
Degne di nota anche la CTP Emilia Romagna n. 307/2021, la CTR Valle d’Aosta n. 22/2022 e la CTP di Aosta n. 12/2022 che dichiarano legittimi, al fine del riconoscimento del credito d’imposta, anche gli investimenti volti ad innovare “internamente” le proprie tecnologie o processi, richiamando, sotto il profilo tecnico, i Manuali OCSE di Frascati e di Oslo, considerandoli come le opere fondamentali a cui far sempre riferimento al fine di poter correttamente qualificare le attività svolte come attività di R&S.
La CTP di Reggio Emilia n. 173/2022 riconosce come anche l’”innovazione di prodotto” costituisce attività di ricerca e sviluppo: il credito d’imposta per ricerca e sviluppo spetta dunque anche all’azienda per tutte quelle attività di ricerca che conducono alla creazione di prodotti nuovi, in quanto contemplate chiaramente dalla normativa, anche qualora il MISE abbia espresso parere contrario basandosi sull'applicazione del ''Manuale di Frascati''.
Con rimando ai manuali anche la CGT di Roma n. 1213/2023 che stabilisce come rientranti nella nozione di ricerca e sviluppo anche l’attività di avanzamento delle conoscenze tecnologiche e scientifiche volte al rinnovamento e miglioramento dei prodotti aziendali.
La CGT di Palermo n. 1351/2023 considera poi agevolabili anche le attività di R&S aventi per oggetto “innovazioni procedurali”, ricordando che il credito d’imposta per R&S può essere concesso per le attività di analisi e studio finalizzate alla creazione di nuovi prodotti o al miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti e che, in tale contesto, un parere sfavorevole del MISE basato sulla mancanza di esecuzione di “lavori” necessari per risolvere incertezze o ostacoli di natura scientifica o tecnologica non dovrebbe rappresentare un impedimento. 
Del tutto sui generis, si segnala la recente CGT di Palermo n. 1686/2023 che annulla un avviso di accertamento sulla validità dei crediti R&S contestando all’Amministrazione finanziaria di aver formulato la valutazione di inammissibilità al beneficio fiscale basandosi su documenti di prassi del MISE e dell’Agenzia delle Entrate stessa successivi e non pubblicati in Gazzetta Ufficiale, specificando, inoltre, in merito al Manuale di Frascati, che quest’opera non può avere una “‘valenza generale che il MiSE e l’Agenzia delle Entrate gli vorrebbero attribuire”, essendo il manuale in lingua originaria straniera e non rientrante nella normativa italiana.
In ultimo, di rilievo, la CGT di Macerata n. 270/2023 che ritiene il Manuale di Frascati inutilizzabile come supporto legale per la determinazione della spettanza o meno del credito d’imposta R&S, e dunque la pretesa dell’Amministrazione finanziaria alla restituzione del credito usufruito, in quanto negli anni dal 2016 al 2019 tale Manuale non è richiamato da alcuna disposizione di legge vigente nel suddetto periodo. Secondo la Corte il Manuale di Frascati può essere applicato a partire dall’anno 2020 per espressa previsione legislativa ai sensi della Legge n. 160 del 27/12/2019.

SULL’INESISTENZA E LA NON SPETTANZA DEL CREDITO

Rispetto alla contestabilità del credito, la normativa prevede due tipologie specifiche di credito (non spettante e inesistente), per le quali è prevista l’applicazione di due diverse sanzioni; la fattispecie più grave del credito inesistente si verifica in caso di condotta fraudolenta o qualora la documentazione a supporto dell'effettivo sostenimento delle spese per attività di R&S sia fittizia, manchevole o creata ad arte. In tale ipotesi il contribuente è sanzionato in misura maggiore e ben più gravosa rispetto al verificarsi della fattispecie (meno grave) del credito non spettante, che si configura invece in tutti quei casi in cui il credito sia esistente, ma risulta carente dei presupposti soggettivi e oggettivi.
Dalla lettura delle pronunce di seguito riportate, emerge come l'Amministrazione finanziaria nel contestare il credito, nella maggioranza dei casi, proceda con la richiesta di restituzione del credito considerato come inesistente, poiché non rispondente ai requisiti tecnici richiesti dalla normativa in termini di innovazione.
Sul punto, però, si osserva come, in sede di giudizio, le diverse Corti giungono spesso a considerare tale credito al più come non spettante, con applicazione della sanzione meno grave prevista per tale genere di fattispecie.
Sul punto si ricorda la CTR Emilia-Romagna n. 365/2020 che conferma la dicotomia tra le due tipologie di credito, ricordando in motivazione come il legislatore ha previsto sanzioni e termini di accertamento ben diversi a seconda della fattispecie, volendo attribuire una maggior gravità al caso di “credito inesistente”. 
La CTP di Aosta n. 46/2021 ribadisce poi come il “credito inesistente” è quello fittizio e creato ad arte; pertanto, se il credito è sostenuto da ampia documentazione attestante l’effettivo sostenimento dei costi rientranti nell’attività di R&S, non è possibile considerarlo come inesistente. 
Secondo poi quanto affermato dalla CTP di Roma n. 5918/2022 e dalla CTP di Rovigo n. 70/2022 il credito è da considerarsi (unicamente) come non spettante, in tutte quelle ipotesi in cui, sebbene il presupposto giuridico sia messo in discussione, il credito viene comunque sostenuto da una documentazione che risulta regolare e non creata ad hoc. 
Confermata la distinzione tra le due fattispecie di credito inesistente e non spettante e, dunque, i conseguenti differenti termini di accertamento, anche dalla CGT Marche n. 738/2023 che è stata chiamata a pronunciarsi nel merito circa la qualifica o meno di attività R&S applicabile non solo all’ipotesi di “brevetto di invenzione”, ma anche al caso di “brevetto di utilità”. In sentenza, la Corte ha riconosciuto a favore del contribuente la spettanza del credito d’imposta R&S anche in ipotesi di “brevetto di utilità”, essendo soddisfatto in ogni caso il requisito di “novità” così come previsto dal Manuale di Frascati. 

Oltre alla copiosa giurisprudenza di merito pronunciatasi sul punto, anche la Corte di Cassazione Civile a Sezioni Unite, con sentenza nr. 34419/2023 e nr. 34452/2023, ha poi fatto chiarezza in merito alla diversa tipologia di credito contestato, andando a risolvere - si confidava in via definitiva – un contrasto giurisprudenziale creatosi negli ultimi anni.
Con ben due pronunce, pubblicate di recente e a pochi giorni l’una dall’altra, la suprema Corte ha così statuito la presenza netta tra credito inesistente e credito non spettante, chiarendo espressamente che si tratta di un credito inesistente solo nel caso in cui ricorrano congiuntamente le seguenti due condizioni: a) il credito è, in tutto o in parte, il risultato di un’artificiosa rappresentazione; b) l’inesistenza del credito non deve essere riscontrabile da controlli formali ed automatizzati.
In carenza di tali requisiti, viene a configurarsi l’ipotesi meno grave del credito non spettante, con applicazione dell’ordinario termine di decadenza per l’attività di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria (e non, dunque, quello più lungo di 8 anni), oltre a rilievi sotto il profilo penale di responsabilità e sanzione meno grave.
Rispetto alla dicotomia tra credito inesistente e non spettante, le suddette pronunce di legittimità a Sezioni Unite parrebbero così poter costituire un fondamento giurisprudenziale a cui necessariamente le successive e future pronunce nel merito dovranno rifarsi. 

Tuttavia, è comunque doveroso per completezza ricordare come, di contro, una recente pronuncia della Cassazione penale n. 6/2024, abbia invece ricordato come la presenza o meno del requisito della riscontrabilità attraverso controlli automatici (ai sensi del D.Lgs. n. 158/2015 con modifica dell’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997), sia applicabile solo sotto il profilo amministrativo. Sul piano penale invece, la nozione di credito inesistente si amplia, andando ad integrare così, sotto il profilo penale, il più grave reato di indebita compensazione di un credito inesistente qualora manchi, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e anche se lo stesso credito sia fondato su rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente ideologicamente falsi, simulazioni o artifici, a prescindere o meno che possa esser rilevato attraverso controlli formali automatici.

Sempre in tema dei differenti termini di accertamento è opportuno segnalare altresì la recente sentenza della CGT della Lombardia n. 164/2024, che conferma la facoltà dell’Ufficio procedente di emettere un atto di recupero del credito non spettante negli ordinari termini, ossia entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi e, solo nelle ipotesi in cui il credito sia inesistente, di procedere con l’atto di recupero nei termini più lunghi, cioè entro il 31 dicembre dell’ottavo anno dalla dichiarazione. È altresì rilevante la CGT di Sondrio n. 7/2024, sempre sui diversi termini di accertamento, accoglie il ricorso del contribuente, dichiarando l’Amministrazione finanziaria decaduta dal potere di accertamento per aver emesso l’atto di recupero oltre gli ordinari termini.

Da ultimo anche la CGT di Brescia n. 125/2024 che, allineandosi alla posizione assunta dalle Sezioni Unite, conferma la dicotomia tra le due tipologie di credito ed i relativi differenti termini di accertamento, dichiarando, inoltre, che l’omessa indicazione del credito d’imposta R&S nel quadro RU della dichiarazione dei redditi non qualifica il credito stesso come “inesistente”, bensì come “non spettante”.

SULLE RECENTI PRONUNCE, ALTRI ASPETTI RILEVANTI

La CGT di Reggio Emilia n. 208/2023 ha stabilito che un avviso di accertamento emesso dalla Guardia di Finanza non è da considerarsi legittimo e, dunque, valido, se il processo verbale di constatazione (PVC) a cui si riferisce fonda le proprie motivazioni su documenti che sono stati utilizzati esclusivamente a supporto degli elementi d'indagine, senza averli però allegati all'avviso stesso, o che comunque sono conosciuti o facilmente conoscibili dal contribuente. Verificatosi il caso in specie, il contribuente non è reso edotto delle motivazioni a supporto della pretesa portata dall’avviso di accertamento, generando così una violazione del suo diritto di difesa in contradditorio. Per tale ragione i Giudici annullano l’avviso. 

Si ricorda comunque che, seppur le diverse pronunce di merito sopra sintetizzate possono risultare utili al contribuente per fondare la propria difesa in contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria, è opportuno tenere in considerazione le diverse posizioni che assumerà via via la Cassazione (giurisprudenza di legittimità), al fine di giungere ad una linea interpretativa sempre più consolidata in materia.